Francesco Guccini  - Stagioni-
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Intro [0'53"]
Stagioni [6'08"]
Autunno [4'55"]
E un giorno... [5'25"]
Ho ancora la forza [3'24"]
Inverno '60 [5'17"]
Don Chisciotte [6'00"]
Primavera '59 [5'59"]
Addio [4'10"] 

Addio (Intro)


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Nell'anno '99 di nostra vita 
io, Francesco Guccini, eterno studente 
perché la materia di studio sarebbe infinita 
e soprattutto perché so di non sapere niente, 
io, chierico vagante, bandito di strada, 
io, non artista, solo piccolo baccelliere, 
perché, per colpa d'altri, vada come vada, 
a volte mi vergogno di fare il mio mestiere, 


io dico addio! 
Stagioni


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Quanto tempo è passato da quel giorno d'autunno 
di un ottobre avanzato, con il cielo già bruno, 
fra sessioni di esami, giorni persi in pigrizia, 
giovanili ciarpami, arrivò la notizia... 


Ci prese come un pugno, ci gelò di sconforto, 
sapere a brutto grugno che Guevara era morto: 
in quel giorno d'ottobre, in terra boliviana 
era tradito e perso Ernesto "Che" Guevara... 


Si offuscarono i libri, si rabbuiò la stanza, 
perché con lui era morta una nostra speranza: 
erano gli anni fatati di miti cantati e di contestazioni, 
erano i giorni passati a discutere e a tessere le belle illusioni... 


"Che" Guevara era morto, ma ognuno lo credeva 
che con noi il suo pensiero nel mondo rimaneva... 
"Che" Guevara era morto, ma ognuno lo credeva 
che con noi il suo pensiero nel mondo rimaneva... 


Passarono stagioni, ma continuammo ancora 
a mangiare illusioni e verità a ogni ora, 
anni di ogni scoperta, anni senza rimpianti: 
"Forza Compagni, all'erta, si deve andare avanti!" 


E avanti andammo sempre con le nostre bandiere 
e intonandole tutte quelle nostre chimere... 
In un giorno d'ottobre, in terra boliviana, 
con cento colpi è morto Ernesto "Che" Guevara... 


Il terzo mondo piange, ognuno adesso sa 
che "Che" Guevara è morto, mai più ritornerà, 
ma qualcosa cambiava, finirono i giorni di quelle emozioni 
e rialzaron la testa i nemici di sempre contro le ribellioni... 


"Che" Guevara era morto e ognuno lo capiva 
che un eroe si perdeva, che qualcosa finiva... 
"Che" Guevara era morto e ognuno lo capiva 
che un eroe si perdeva, che qualcosa finiva... 


E qualcosa negli anni terminò per davvero 
cozzando contro gli inganni del vivere giornaliero: 
i Compagni di un giorno o partiti o venduti, 
sembra si giri attorno a pochi sopravvissuti... 


Proprio per questo ora io vorrei ascoltare 
una voce che ancora incominci a cantare: 
In un giorno d'ottobre, in terra boliviana, 
con cento colpi è morto Ernesto "Che" Guevara... 


Il terzo mondo piange, ognuno adesso sa 
che "Che" Guevara è morto, forse non tornerà, 
ma voi reazionari tremate, non sono finite le rivoluzioni 
e voi, a decine, che usate parole diverse, le stesse prigioni, 


da qualche parte un giorno, dove non si saprà, 
dove non l'aspettate, il "Che" ritornerà, 
da qualche parte un giorno, dove non si saprà, 
dove non l'aspettate, il "Che" ritornerà! 
Autunno


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Un'oca che guazza nel fango, 
un cane che abbaia a comando, 
la pioggia che cade e non cade 
le nebbie striscianti che svelano e velano strade... 


Profilo degli alberi secchi, 
spezzarsi scrosciante di stecchi, 
sul monte, ogni tanto, gli spari 
e cadono urlando di morte gli animali ignari... 


L'autunno ti fa sonnolento, 
la luce del giorno è un momento 
che irrompe e veloce è svanita: 
metafora lucida di quello che è la nostra vita... 


L'autunno che sfuma i contorni 
consuma in un giorno più giorni, 
ti sembra sia un gioco indolente, 
ma rapido brucia giornate che appaiono lente... 


Odori di fumo e foschia, 
fanghiglia di periferia, 
distese di foglia marcita 
che cade in silenzio lasciando per sempre la vita... 


Rinchiudersi in casa a aspettare 
qualcuno o qualcosa da fare, 
qualcosa che mai si farà, 
qualcuno che sai non esiste e che non suonerà... 


Rinchiudersi in casa a contare 
le ore che fai scivolare 
pensando confuso al mistero 
dei tanti "io sarò" diventati per dempre "io ero"... 


Rinchiudersi in casa a guardare 
un libro, una foto, un giornale 
e ignorando quel rodere sordo 
che cambia "io faccio" e lo fa diventare "io ricordo"... 


La notte è di colpo calata, 
c'è un'oscurità perforata 
da un'auto che passa veloce 
lasciando soltanto al silenzio la buia sua voce... 


Rumore che appare e scompare, 
immagine crepuscolare 
del correre tuo senza scopo, 
del tempo che gioca con te come il gatto col topo... 


Le storie credute importanti 
si sbriciolano in pochi istanti: 
figure e impressioni passate 
si fanno lontane e lontana così è la tua estate... 


E vesti la notte incombente 
lasciando vagare la mente 
al niente temuto e aspettato 
sapendo che questo è il tuo autunno... 
che adesso è arrivato... 
E un giorno...


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E un giorno ti svegli stupita e di colpo ti accorgi 
che non sono più quei fantastici giorni all'asilo 
di giochi, di amici e se ti guardi attorno non scorgi 
le cose consuete, ma un vago e indistinto profilo... 


E un giorno cammini per strada e ad un tratto comprendi 
che non sei la stessa che andava al mattino alla scuola, 
che il mondo là fuori t'aspetta e tu quasi ti arrendi 
capendo che a battito a battito è l'età che s'invola... 


E tuo padre ti sembra più vecchio e ogni giorno si fa più lontano, 
non racconta più favole e ormai non ti prende per mano, 
sembra che non capisca i tuoi sogni sempre tesi fra realtà e sperare 
e sospesi fra voglie alternate di andare e restare... 
di andare e restare... 


E un giorno ripensi alla casa e non è più la stessa 
in cui lento il tempo sciupavi quand'eri bambina, 
in cui ogni oggetto era un simbolo ed una promessa 
di cose incredibili e di caffellatte in cucina... 


E la stanza coi poster sul muro ed i dischi graffiati 
persi in mezzo ai tuoi libri e a regali che neanche ricordi, 
sembra quasi il racconto di tanti momenti passati 
come il piano studiato e lasciato anni fa su due accordi... 


E tuo padre ti sembra annoiato e ogni volta si fa più distratto, 
non inventa più giochi e con te sta perdendo il contatto... 
E tua madre lontana e presente sui tuoi sogni ha da fare e da dire, 
ma può darsi non riesca a sapere che sogni gestire... 
che sogni gestire... 


Poi un giorno in un libro o in un bar si farà tutto chiaro, 
capirai che altra gente si è fatta le stesse domande, 
che non c'è solo il dolce ad attenderti, ma molto d'amaro 
e non è senza un prezzo salato diventare grande... 


I tuoi dischi, i tuoi poster saranno per sempre scordati, 
lascerai sorridendo svanire i tuoi miti felici 
come oggetti di bimba, lontani ed impolverati, 
troverai nuove strade, altri scopi ed avrai nuovi amici... 


Sentirai che tuo padre ti è uguale, lo vedrai un po' folle, un po' saggio 
nello spendere sempre ugualmente paura e coraggio, 
la paura e il coraggio di vivere come un peso che ognuno ha portato, 
la paura e il coraggio di dire: "io ho sempre tentato, 
io ho sempre tentato..." 
Ho ancora la forza


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Ho ancora la forza che serve a camminare, 
picchiare ancora contro per non lasciarmi stare 
ho ancora quella forza che ti serve 
quando dici: "Si comincia !" 


E ho ancora la forza di guardarmi attorno 
mischiando le parole con due pacchetti al giorno, 
di farmi trovar lì da chi mi vuole 
sempre nella mia camicia... 


Abito sempre qui da me, 
in questa stessa strada che non sai mai se c'è 
e al mondo sono andato, 
dal mondo son tornato sempre vivo... 


Ho ancora la forza di starvi a raccontare 
le mie storie di sempre, di come posso amare, 
di tutti quegli sbagli che per un 
motivo o l'altro so rifare... 


E ho ancora la forza di chiedere anche scusa 
o di incazzarmi ancora con la coscienza offesa, 
di dirvi che comunque la mia parte 
ve la posso garantire... 


Abito sempre qui da me, 
in questa stessa strada che non sai mai se c'è 
nel mondo sono andato, 
dal mondo son tornato sempre vivo... 


Ho ancora la forza di non tirarmi indietro, 
di scegliermi la vita masticando ogni metro, 
di far la conta degli amici andati e dire: 
"Ci vediam più tardi..." 


E ho ancora la forza di scegliere parole 
per gioco, per il gusto di potermi sfogare 
perché, che piaccia o no, è capitato 
che sia quello che so fare... 


Abito sempre qui da me, 
in questa stessa strada che non sai mai se c'è 
col mondo sono andato 
e col mondo son tornato sempre vivo... 
Inverno '60


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Le nove di sera, domenica sera d'inverno, 
fa freddo, c'è nebbia, 
in fondo alla strada s'è accesa l'insegna 
"Blue Garden: si balla". 
Qualcuno ha già aperto le grandi vetrate d'ingresso, 
canterà Baby Silver, 
qualcuno giù in sala accenna sul piano un motivo di blues... 


Si veste un cameriere, è domenica sera, 
si annoda un orchestrale la cravatta in seta nera, 
e indossa il capo orchestra la giacca in lamè blu... 


Nel bar di luci e specchi col ghiaccio dentro ai secchi 
c' è un giovane invecchiato che non sorride più.... 


Le dieci di sera, domenica sera d'inverno 
che gocciola fumo, 
ma dentro alla sala il caldo dimentica 
il resto del mondo... 
L'orchestra ha finito un brano dal ritmo latino, 
"Cuban cha-cha-cha" 
singhiozza il clarino seguendo il ricamo di note in "Stardust"... 


Bisogna divertirsi, è domenica sera, 
c'è da dimenticare la noia pesa e nera, 
c'è da dimenticare la favole che fu... 


Potere dire " vivo ! " sull'onda d'un motivo 
stringendosi una donna che non si vedrà più... 


È l'una passata, domenica sera d'inverno, 
ormai lunedì, 
persone che sciamano macchiano il buio di risa 
e rimpianti, 
l'insegna violenta i visi che mordono freddo 
di atroce blu-neon, 
poi a un tratto si spegne e non resta che il suono dell'oscurità... 


C'è da ricominciare un'altra settimana 
strascinando nei giorni l'attesa quotidiana, 
scordando e stemperando la tua precarietà... 


La notte sale adagio, la strada è di un randagio 
che annusa i suoi fantasmi e abbaia alla città... 
Don Chisciotte


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[ Don Chisciotte ] 


Ho letto millanta storie di cavalieri erranti, 
di imprese e di vittorie dei giusti sui prepotenti 
per starmene ancora chiuso coi miei libri in questa stanza 
come un vigliacco ozioso, sordo ad ogni sofferenza. 
Nel mondo oggi più di ieri domina l'ingiustizia, 
ma di eroici cavalieri non abbiamo più notizia; 
proprio per questo, Sancho, c'è bisogno soprattutto 
d'uno slancio generoso, fosse anche un sogno matto: 
vammi a prendere la sella, che il mio impegno ardimentoso 
l'ho promesso alla mia bella, Dulcinea del Toboso, 
e a te Sancho io prometto che guadagnerai un castello, 
ma un rifiuto non l'accetto, forza sellami il cavallo! 
Tu sarai il mio scudiero, la mia ombra confortante 
e con questo cuore puro, col mio scudo e Ronzinante, 
colpirò con la mia lancia l'ingiustizia giorno e notte, 
com'è vero nella Mancha che mi chiamo Don Chisciotte... 

[ Sancho Panza ] 


Questo folle non sta bene, ha bisogno di un dottore, 
contraddirlo non conviene, non è mai di buon umore... 
E' la più triste figura che sia apparsa sulla Terra, 
cavalier senza paura di una solitaria guerra 
cominciata per amore di una donna conosciuta 
dentro a una locanda a ore dove fa la prostituta, 
ma credendo di aver visto una vera principessa, 
lui ha voluto ad ogni costo farle quella sua promessa. 
E così da giorni abbiamo solo calci nel sedere, 
non sappiamo dove siamo, senza pane e senza bere 
e questo pazzo scatenato che è il più ingenuo dei bambini 
proprio ieri si è stroncato fra le pale dei mulini... 
E' un testardo, un idealista, troppi sogni ha nel cervello: 
io che sono più realista mi accontento di un castello. 
Mi farà Governatore e avrò terre in abbondanza, 
quant'è vero che anch'io ho un cuore e che mi chiamo Sancho Panza... 

[ Don Chisciotte ] 


Salta in piedi, Sancho, è tardi, non vorrai dormire ancora, 
solo i cinici e i codardi non si svegliano all'aurora: 
per i primi è indifferenza e disprezzo dei valori 
e per gli altri è riluttanza nei confronti dei doveri! 
L'ingiustizia non è il solo male che divora il mondo, 
anche l'anima dell'uomo ha toccato spesso il fondo, 
ma dobbiamo fare presto perché più che il tempo passa 
il nemico si fà d'ombra e s'ingarbuglia la matassa... 

[ Sancho Panza ] 


A proposito di questo farsi d'ombra delle cose, 
l'altro giorno quando ha visto quelle pecore indifese 
le ha attaccate come fossero un esercito di Mori, 
ma che alla fine ci mordessero oltre i cani anche i pastori 
era chiaro come il giorno, non è vero, mio Signore? 
Io sarò un codardo e dormo, ma non sono un traditore, 
credo solo in quel che vedo e la realtà per me rimane 
il solo metro che possiedo, com'è vero... che ora ho fame! 

[ Don Chisciotte ] 


Sancho ascoltami, ti prego, sono stato anch'io un realista, 
ma ormai oggi me ne frego e, anche se ho una buona vista, 
l'apparenza delle cose come vedi non m'inganna, 
preferisco le sorprese di quest'anima tiranna 
che trasforma coi suoi trucchi la realtà che hai lì davanti, 
ma ti apre nuovi occhi e ti accende i sentimenti. 
Prima d'oggi mi annoiavo e volevo anche morire, 
ma ora sono un uomo nuovo che non teme di soffrire... 

[ Sancho Panza ] 


Mio Signore, io purtoppo sono un povero ignorante 
e del suo discorso astratto ci ho capito poco o niente, 
ma anche ammesso che il coraggio mi cancelli la pigrizia, 
riusciremo noi da soli a riportare la giustizia? 
In un mondo dove il male è di casa e ha vinto sempre, 
dove regna il "capitale", oggi più spietatamente, 
riuscirà con questo brocco e questo inutile scudiero 
al "potere" dare scacco e salvare il mondo intero? 

[ Don Chisciotte ] 


Mi vuoi dire, caro Sancho, che dovrei tirarmi indietro 
perchè il "male" ed il "potere" hanno un aspetto così tetro? 
Dovrei anche rinunciare ad un po' di dignità, 
farmi umile e accettare che sia questa la realtà? 

[ Insieme ] 


Il "potere" è l'immondizia della storia degli umani 
e, anche se siamo soltanto due romantici rottami, 
sputeremo il cuore in faccia all'ingiustizia giorno e notte: 
siamo i "Grandi della Mancha", 
Sancho Panza... e Don Chisciotte! 
Primavera '59


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La giapponese rise con i semi in mano 
poi, con un gesto lieve, in aria li gettò, 
al volo di piccioni che, planando piano, 
con remiganti aperte al suolo si allargò... 


La piazza di San Marco si fermò un istante, 
Firenze, in primavera, quasi scomparì 
e rimanesti solo, là, nell'inquietante 
primavera dei vent'anni che nell'anima fiorì... 


E andasti ad aspettarla con il cuore in gola 
e dentro un'emozione antica ti bruciò... 
Sciamavano ragazze fuori dalla scuola 
riempiendo quella strada che s'illuminò 


di voci, risa, grida, gioventù e richiami, 
ma la sua voce chiara il nome tuo chiamò: 
ti corse incontro accesa, ti afferrò le mani, 
vi guardaste silenziosi e poi forte ti abbracciò... 


E credevate che 
sarebbe stato eterno quell'amore, 
quel fiore non avrebbe mai visto l'inverno, 
quel giorno non sarebbe mai mutato in sera, 
per voi sarebbe stata sempre, sempre primavera... 


Adesso dove sei, bimba d'allora, 
con i tuoi sedici anni e il tuo sorriso? 
Chissà se senti che ti pensa in questo autunno, 
che consuma ora piano 
anche il ricordo del tuo viso? 


Ma i giovani s'illudono d'essere immortali 
e che ogni storia duri per l'eternità; 
non sanno quanti fili, trame occasionali, 
si tessono o svaniscono in casualità... 


Una stagione muore, un'altra prende il volo, 
sai quando inizia, non se e quando finirà, 
ma è bella l'illusione di un momento solo, 
quella luce che ti abbaglia, anche se si spegnerà... 


Ma allora, a pranzo in una trattoria, 
scrutando ansiosi il tempo che passava, 
poi un cinemino, persi in galleria, 
per qualche bacio che però bastava... 


Di corsa al treno per il tuo ritorno, 
l'ultimo bacio lungo il marciapiede: 
tanto veloce volò via quel giorno, 
poco quel tempo da passare assieme... 


Di ritornare forse le giurasti 
mentre era ferma, immobile nel pianto: 
parole perse, so che non tornasti 
da quella donna allora amata tanto... 


E tutto è solo un episodio, un giorno, 
un uscio chiuso che non si aprirà, 
una partenza che non ha ritorno 
come il tempo in questo autunno, 
che la nebbia scioglierà... 


... ed io rimasi solo, là, nell'inquietante 
atmosfera dell'autunno, che quest'anima ferì.... 
Addio


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Nell'anno '99 di nostra vita 
io, Francesco Guccini, eterno studente 
perché la materia di studio sarebbe infinita 
e soprattutto perché so di non sapere niente, 
io, chierico vagante, bandito di strada, 
io, non artista, solo piccolo baccelliere, 
perché, per colpa d'altri, vada come vada, 
a volte mi vergogno di fare il mio mestiere, 


io dico addio a tutte le vostre cazzate infinite, 
riflettori e paillettes delle televisioni, 
alle urla scomposte di politicanti professionisti, 
a quelle vostre glorie vuote da coglioni... 


E dico addio al mondo inventato del villaggio globale, 
alle diete per mantenersi in forma smagliante 
a chi parla sempre di un futuro trionfale 
e ad ogni impresa di questo secolo trionfante, 
alle magie di moda delle religioni orientali 
che da noi nascondono soltanto vuoti di pensiero, 
ai personaggi cicaleggianti dei talk-show 
che squittiscono ad ogni ora un nuovo "vero" 
alle futilità pettegole sui calciatori miliardari, 
alle loro modelle senza umanità 
alle sempiterne belle in gara sui calendari, 
a chi dimentica o ignora l'umiltà... 


Io, figlio d'una casalinga e di un impiegato, 
cresciuto fra i saggi ignoranti di montagna 
che sapevano Dante a memoria e improvvisavano di poesia, 
io, tirato su a castagne ed ad erba spagna, 
io, sempre un momento fa campagnolo inurbato, 
due soldi d'elementari ed uno d'università, 
ma sempre il pensiero a quel paese mai scordato 
dove ritrovo anche oggi quattro soldi di civiltà... 


Io dico addio a chi si nasconde con protervia dietro a un dito, 
a chi non sceglie, non prende parte, non si sbilancia 
o sceglie a caso per i tiramenti del momento 
curando però sempre di riempirsi la pancia 
e dico addio alle commedie tragiche dei sepolcri imbiancati, 
ai ceroni ed ai parrucchini per signore, 
alle lampade e tinture degli eterni non invecchiati, 
al mondo fatto di ruffiani e di puttane a ore, 
a chi si dichiara di sinistra e democratico 
però è amico di tutti perché non si sa mai, 
e poi anche chi è di destra ha i suoi pregi e gli è simpatico 
ed è anche fondamentalista per evitare guai 
a questo orizzonte di affaristi e d'imbroglioni 
fatto di nebbia, pieno di sembrare, 
ricolmo di nani, ballerine e canzoni, 
di lotterie, l'unica fede il cui sperare... 


Nell'anno '99 di nostra vita 
io, giullare da niente, ma indignato, 
anch'io qui canto con parola sfinita, 
con un ruggito che diventa belato, 
ma a te dedico queste parole da poco 
che sottendono solo un vizio antico 
sperando però che tu non le prenda come un gioco, 
tu, ipocrita uditore, mio simile... 
mio amico...

 

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